L'Harry's Bar di Venezia.

Bellini 5 apr 2021

Sono passati ormai venti anni da quando, nel 2001, l’Harry’s bar di Venezia è diventato “Patrimonio Nazionale Italiano”, eppure ancora oggi mi trovo a parlare con alcuni barman o ristoratori che non sanno nulla della storia di questo iconico locale veneziano e del perché noi tutti gli dobbiamo così tanto.

Insegna harry's bar Venezia

Ebbene, ecco che ancora una volta ITB persegue il suo scopo di divulgare non solo il bere consapevole e le tecniche di miscelazione, ma anche la cultura e la storia del nostro settore e un locale come l’Harry’s bar merita un posto d’onore nella narrazione storica dell’hospitality italiana.

La storia dell’Harry’s bar è davvero curiosa e tutto nasce da un bel gesto di amicizia del suo fondatore Giuseppe Cipriani che, impiegato a Venezia come barman presso l’hotel Europa & Britannia nei primi anni ’20 del secolo scorso,  prestò 10.000 lire al giovane americano Harry Pickering arrivato in laguna insieme ad una zia per curarsi da un sospetto inizio di alcolismo. Purtroppo la volontà della famiglia Pickering di distogliere il giovane Harry dall’alcool non seguì la strada prevista e la convivenza con la zia in hotel non portò i risultati sperati, al punto che la donna decise di allontanarsi e fare ritorno in patria. Cipriani prestò la somma citata al giovane uomo permettendogli così di pagarsi il viaggio di ritorno in America. Per due anni non si ebbero notizie di Harry, finché un giorno fece ritorno a Venezia con l’intento di trovare Cipriani e sdebitarsi, ma fece molto di più, oltre a restituire la cifra ricevuta aggiunse ulteriori 30.000 lire come segno di riconoscenza, affinchè potesse realizzare il suo desiderio e aprire un bar di sua proprietà, Giuseppe seguì il consiglio dell’amico ed in suo onore chiamò il bar col suo nome.

Il locale sorse al termine di una strada chiusa e, poiché all’epoca non c’era alcun ponte a collegare la strada a piazza San Marco, i clienti dovevano andarci di proposito, non capitavano lì perchè di passaggio.  Questa particolarità convinse Cipriani ad optare per quel luogo proprio perché voleva unire tutti gli ospiti degli hotel limitrofi affinchè scegliessero il suo locale per incontrarsi di proposito e ben presto il bar cominciò ad essere frequentato dall’aristocrazia e dall’alta borghesia, locale e non solo.

Persona in posa presso l'ingresso dell' Harry's Bar

Il bar godette di buona fortuna ed una volta superate le vicissitudini della guerra Giuseppe decise di creare una bibita in onore della pace finalmente raggiunta, era il 1948 Cipriani creò uno dei cocktail più celebri al Mondo; il drink si componeva di pesche mature e spumante, a questo connubio bisognava trovare un nome e poichè in quei giorni a Palazzo Ducale c’era una mostra con le opere del Gianbellino (Giovanni Battista Bellini) Cipriani pensò di chiamare la bibita Bellini. Un segreto che in pochi sanno è che Cipriani “spremeva” le pesche assieme a 3 o 4 lamponi per ottenre una nuance particolare.

Due anni dopo nel 1950 Cipriani si ripete dando ulteriore sfoggio del suo genio e della sua attenzione verso i clienti. Tutto ha inizio quando ad una contessa veneziana, Amalia Nani Mocenigo, assidua frequentatrice dell’ Harry’s Bar, venne vietato di mangiare carne cotta. Questo atipica prescrizione medica costrinse tutto lo staff dell’ Harry’s Bar a doversi inventare di volta in volta dei piatti da proporre alla contessa. 

Un giorno Cipriani decise di tagliare del filetto di manzo molto sottile e servirlo con la salsa della casa, la contessà espresse un entusiasmo tale che il piatto rimase in carta così a lungo da divenire un grande classico della cucina italiana.

Data la contemporaneità della mostra a Palazzo Ducale e poiché i colori del piatto ricordavano un po’ i toni usati dall’artista nelle sue opere, questo piatto fu chiamato Carpaccio.

Col tempo, l’Harry’s Bar assume il ruolo di “place to be” quasi quanto lo erano stati Montmartre e Montparnasse nella Parigi di inizio secolo.

Attrici, modelle, registi, cantanti, artisti, filosofi, scrittori, politici, Re e Regine. Chiunque abbia avuto un ruolo di rilievo nel corso del secolo scorso è stato un frequentatore dell’ Harry’s Bar.

Barbara Hutton, Katherine Hepburn, Gary Cooper, Giancarlo Menotti, Peggy Guggenheim, Orson Welles, Frank Lloyd Wright, Joe di Maggio, Arturo Toscanini, Georges Braque, Charlie Chaplin, Frank Sinatra, Woody Allen, Onassis, Eugenio Montale, Giorgio de Chirico, Truman Capote, Naomi Campbell e Ernest Hemingway. Questa è solo una piccola parte degli ospiti illustri dell’Harry’s Bar, ma l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

Hamingway presso l'Harry's Bar di Venezia

In particolare Hemingway trascorse molto tempo all’Harry’s Bar al punto di diventare un cliente fisso e di avere un tavolo riservato, e divenne buon amico di Cipriani. All’epoca stava lavorando all’opera “Di la del fiume e tra gli alberi” in cui l’Harry’s Bar è citato più volte.

L’Harry’s bar venne citato altre volte in diverse opere e canzoni, ricordiamo quelle di Paolo Conte nella canzone “Hemingway” e di De Andrè in “Rimini”.

Appare chiaro ormai che l’Harry’s Bar non può essere considerato solo un bar, assurge un ruolo diverso, entra nell’immaginario collettivo come un’ icona pop, in cui pop sta per popolare. Nel jet set internazionale si diffonde il detto “se sei stato a Venezia e non sei stato all’Harry’s Bar, è come se a Venezia non ci sei mai stato”. Questo rende bene l’idea di quanto l’Harry’s Bar non sia più solo un luogo, bensì un simbolo.

Giuseppe Cipriani cede il passo al figlio Arrigo che ironicamente si definisce “l’unico uomo al mondo che porta il nome di un bar”. In un’intervista Arrigo svela quello che secondo lui è stato il segreto del successo dell’ Harry’s Bar negli anni, ovvero la semplicità. 

Una semplicità nella quale e per la quale nessun elemento domina sugli altri, una semplicità ricca di dettagli. Tutto, dalle sedie, ai tavoli, alle tovaglie, ogni cosa è stata concepita e ben congegnata da Giuseppe Cipriani con maniacale cura dei dettagli al fine di creare quell’ambiente senza tempo che si ritrova all’Harry’s Bar anche ai giorni nostri.

Nel 2015 Carlotta Cerquetti, regista e nipote di Arrigo Cipriani, cerca di ripercorrere la storia dell’ harry’s bar e di carpirne i segreti in un film documentario dal nome “Harry’s Bar” con cui vince diversi premi.

Anche un luogo così ricco di fascino e storia ha dovuto adattarsi al cambiamento e  “Cipriani” e “Harry’s Bar” sonodue brand che raggruppano ristoranti e hotels sparsi su tutto il globo, gestiti in modo più o meno diretto dalla famiglia Cipriani, in particolar modo da Giuseppe, figlio di Arrigo.

Siamo giunti alla fine di questa romantica storia, in cui non c’è un lieto fine, ma solo perché, probabilmente, l’Harry’s bar, una fine non ce l’avrà mai e noi, col nostro lavoro e con la nostra memoria abbiamo l’onere e l’onore di portare avanti lo stile imposto da Giuseppe, precursore di quella che oggi è conosciuta come una delle più alte scuole di ospitalità nel Mondo, quella italiana. Come fare per essere sicuri di riuscirci? Semplice, seguite il segreto di Cipriani, “Trattare le persone come Re e i Re come persone” e sarete sicuri di non sbagliare.

Testo: Michele Fiorentino

Revisione testi: Michelangelo Tremolada

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