Sake - Honjozo Cocktail

Hagakure-Do!

È questo il nome del primo drink nel quale abbiamo usato il Nihon-shu, il più classico dei fermentati giapponesi e lo abbiamo voluto chiamare Hagakure-Do, cioè la “via del samurai”. Il nome è un chiaro rimando al famosissimo libro del maestro Yamamoto Tsunetomo, opera letteraria giapponese tra le più significative e che narra, per l’appunto, l’antica tradizione militare dei samurai.

Il Nihon-shu che abbiamo selezionato per la creazione di questo drink è l’Hatsumago Densho, un honjozo per la cui produzione è stato impiegato del riso levigato per non più del 30%, in questo modo non andiamo ad eliminare completamente la parte lipidica e fibro/proteica del chicco non andando a concentrare molto gli zuccheri del riso, di conseguenza avremo un sake ricco di gusto e aromi derivanti unicamente dalla materia prima e dalla fermentazione.

Altra particolarità del Hatsumago Densho è il Kimoto, antico e tradizionale metodo produttivo nel quale durante la formazione dello Shubo, cioè la cosiddetta “madre”, viene favorita la formazione naturale di batteri lattici, i quali aiutano a creare un ambiente selettivo favorevole allo sviluppo dei lieviti, ma assolutamente inospitale per lo sviluppo di batteri. Infine viene aggiunta una minima parte di alcool etilico puro per rendere gli aromi più volatili e leggeri al naso; la risultante di questa produzione sarà un Nihon-shu vellutato, cremoso, ricco di sentori lattici e di yogurt con anche accenni di note umami grazie alla sbramatura non eccessiva del riso. Nonostante ciò si è riusciti a mantenere un’eleganza notevole del prodotto.

La manipolazione di questi prodotti in miscelazione ottiene i migliori risultati quando si accostano distillati o liquori a scopo rafforzativo e coadiuvante, sconsiglio pertanto di utilizzare prodotti molto intensi. Ad esempio sono molto indicati distillati bianchi come la vodka o il gin o ancor meglio distillati invecchiati morbidi come whiskey americani o giapponesi e rum rotondi, liquori di erbe o spezie e frutti. Anche i vermouth e gli amari possono dire la loro, ma utilizzati con grande parsimonia, affinchè la loro intensità non vada a sovrastare il nostro protagonista.

L’utilizzo della frutta fresca, spremuta o lavorata in estrazione, segue un po’ lo stesso ragionamento, pertanto meglio optare per frutti dolci, poco acidi, in modo da sposarsi bene col Nihonshu e non intaccare la rotondità e la ricchezza dello suo spettro aromatico.

Anche le tecniche ovviamente si rifanno alla stessa cura nella scelta degli ingredienti, andando a preferire la costruzione stir&strain, build-up o throwing ad una shakerata, che potrebbe essere troppo violenta per il nostro prodotto che, ricordiamo, non ha zucchero all’interno.

Noi lo abbiamo lavorato con un Honey mix (tre parti parti miele di tiglio ed una di acqua n.d.r.), whisky giapponese per fare da spalla al nostro sake honjozo, creato poi sfumature e retrogusti utilizzando bitter all’arancia ed aceto balsamico, infine una soda al Genmaicha, un tè verde lavorato con riso tostato, ci ha fornito freschezza ed il giusto richiamo all’ingrediente di base del nostro Nihon-shu.

Sperando di avervi attirato nel magico mondo dei fermentati giapponesi, vi consigliamo di restare sintonizzati sui nostri  canali, ben presto altre chicche dal paese del sol levante arriveranno tra noi.

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Grazie e a presto!

Mezval

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